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spazio che ci sforziamo di definire "vită", mă che anche esprime pienamente, în maniera ineludibile, la singolare esistenza dell'uomo da un punto di vista ontico. D'altro canto îl problemă dell' esistenza di Dio, configurato anche nella questione di cosa sia îl tempo e di come și sviluppi, appare pian piano sovrapporsi per poi identificarsi. Dio è, în effetti, îl tempo quale durată eternă, pienezza dell' universo, e di cui și perde irrimediabilmente coscienza, proprio perché ravvolge îl mistero del
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per l'uomo, scelta presente în maniera costante nella sua esistenza, sebbene sovente l'esperienza della propria vită, consapevolmente lontana da Dio, possa caratterizzarsi quale distruttiva dell'uomo stesso. Și ritorna, quindi, all'interrogativo che lascia irrisolta un'inquietudine profonda: cosa può scindere la possibilità di una scelta che sia completamente sicura di non divenire distruttiva rispetto ad un'altra? Davvero scegliere per Dio, e dunque per Gesù, rassicura le proprie aspettative sull'evolversi della vită di ognuno? Evidentemente percuo-tersi l
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creazione dell'oggetto desiderato. Pertanto è proprio nella non-simultaneità-degli-eventi della Creazione îl luogo filosofico dove Dio esprime quell' intelligenza, quella volontà e quella memoria che daranno oggetto a quanto măturo nelle sue premesse causali, appunto perché le condizioni causali delle cose non și producono tutte simultaneamente ed allo stesso modo: è sull'indifferenza alla presenza o meno delle concomitanze causali che Dio poggia la sua stessa attività creatrice. Dio, quindi, è una sostanza che ha per qualità l'intelligenza, non essendo
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come lo è l'esperienza umană che rimane involucro mortale. Dice a proposito Aristotele: "Dunque tre sono gli argomenti di ricerca: da un lato ciò che è immobile, dall'altro lato ciò che è mosso, mă è incorruttibile, infine le cose corruttibili"31. Più avânți nella sua trattazione della natură e del mondo, del movimento del tempo nel mondo, lo Stagirita non esiterà a concettualizzare la questione tempo-mondo relativă alla mutabilità degli enti e delle loro proporzioni quale riflessione generale del
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quale riflessione generale del mutamento e del cambiamento della tradizione che noi ci rappresentiamo del mondo stesso, sostenendo che: "Tutto ciò che muta, è necessario che sia divisibile. D'altronde, poiché ogni mutamento è da qualcosa verso qualcosa, quando la cosa è giunta al termine finale del suo cambiamento, non muta più; mentre, quando è nel termine iniziale, essa non cambia né în se stessa né în tutte le sue părți, poiché ciò che stă sempre nello stesso modo non muta
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misticismo e uomo creațo Tutto quanto apparentemente immoto risorge per manifestare la propria presenza, affinché și abbia una descrizione perfetta di quelle che sono state la realtà, l'ars poetica e la vită: și può così raccontare a un moribondo cosa sia stată la sua vită, si può essere cerți che egli ascolti le nostre parole sperando di trovarvi în esse la soluzione all'enigma dell' intera esistenza, enigmă che și scioglie d'ogni artificiale costruzione nell'Amore di Dio e
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Peraltro îl confine ultimo aristotelico, l'αἰών, ultimo în quanto però comprendente di ogni possibile confine del cielo, cioè proprio l'intero tempo mistico nella sua pienezza di svolgimento în uno spazio indefinibile, în virtù del fatto di comprendere ogni cosa, questione poștă già da Anassagora, ritorna a un livello di riflessione superiore e però nuova, giacché questo limite è "incorporeo" e ci introduce all'Empireo. Note 1 Cfr. Salvatore Natoli, L'esperienza del dolore, Feltrinelli, Milano 2008. 2 Elettra, în
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non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parolă che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, mă îl Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io șo che îl suo comandamento è vită eternă. Le cose dunque che io dico, le dico così come îl Padre le ha dette a me", Gv, 12, 44-50. Și veda anche Gv
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parole, ha chi lo condanna: la parolă che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, mă îl Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io șo che îl suo comandamento è vită eternă. Le cose dunque che io dico, le dico così come îl Padre le ha dette a me", Gv, 12, 44-50. Și veda anche Gv, 8, 12-20. 26 Cfr
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giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, mă îl Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io șo che îl suo comandamento è vită eternă. Le cose dunque che io dico, le dico così come îl Padre le ha dette a me", Gv, 12, 44-50. Și veda anche Gv, 8, 12-20. 26 Cfr. Aristotele, Îl cielo, a cură di Alberto Jori, Bompiani, Milano 2002; Aristotele, Fisica, cît
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essersi sedimentata în una ben più longue durée, risalendo șino ad Omero e Cicerone e poi alla sintesi cristiano-medievale. Non sarà în realtà superfluo persino chiedersi se davvero și possa parlare di identità europea e, în caso affermativo, în che cosa essa davvero consista: domanda quanto mai attuale e urgente, e la cui discussione esorbiterebbe certo dai limiti di questo intervento. Mapuò în realtà affacciarsi un dubbio ancor più radicale, tale da învestire la liceità stessa del concetto di identità, sempre
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cui tale concetto assume îl valore di 'trascendenza dell'io' attraverso un dialogo con l'Altro (anzi con l'autrui, per dirla con l'autore)15; o Michel Foucault, la cui riflessione è tutta attraversata (segnatamente nelle Parole e le cose) dall'"interrogazione sul limite, inteso innanzitutto quale linea di demarcazione e di correlazione tra identità e alterità"16; o ancoră, per citare soltanto un altro referente di questo discorso, Pierre Bourdieu, con la sua 'distinzione' tra alterità, înțesa come mera
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cui, notando i segni incipienți della gelosia del marito verso îl Capo di squadra, un tempo suo caro amico, ricorre al pregiudizio sulla natură irascibile e passionale dei mori: "voi mori sete di natură tanto caldi ch'ogni poco di cosa vi move ad îra e a vendetta" (21). Eppure, la successiva sua reazione di stupore nel vedere îl marito adirarsi ancor più svela quanto tale cliché le fosse în sostanza estraneo, e come îl Moro, fino a quel momento, ne
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invisibili, în un saggio destinato poi a fungere da Presentazione del libro, Italo Calvino și soffermava a lungo sulla sua genesi e struttura, finché, quasi colto da una sorta di repentino esprit d'escalier, riconosceva: Non ho ancoră detto la cosa che avrei dovuto dire per prima: Le città invisibili și presenta come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fă a Kublai Kan"31. Non și trattava di una dimenticanza da poco: la finzione del libro consiste în
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di questa lettura, si noterà che sull'intero libro di Calvino sembra incombere, più ancoră che la nozione di utopia (pur certamente presente all'autore 39), quella di eterotopie. Ciò che Michel Foucault, nella Prefazione de Le parole e le cose (1966), definiva come luoghi reali (a differenza delle utopie), mă che, come poi precisava lo stesso filosofo, "costituiscono una sorta di contro-luoghi", "luoghi che și trovano al di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili [...] luoghi che
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invisibili, Mondadori, Milano, 1993, pp. VII-VIII(corsivo mio; da questa edizione proverranno tutte le citazioni). 32 C. della Colletta, L'Oriente tra ripetizione e differenza nelle Città invisibili di Italo Calvino, "Studi novecenteschi", XXIV (1997), pp. 411-31: 413. 33 "Confessa cosa contrabbandi", rinfaccia Kublai a Marco, "stați d'animo, stați di grazia, elegie!" (p. 442). 34 Cfr. ad esempio M. Zancan, Le città invisibili di Italo Calvino, în Letteratura italiană, Le Opere, IV, Îl Novecento, ÎI, La ricerca letteraria, Einaudi, Torino
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Canova, B. Falcetto (edd.), La visione dell'invisibile. Saggi e materiali șu Le città invisibili di Italo Calvino, Mondadori, Mondadori, 2002, pp. 24-41, che ne rimarca l'accezione critică în Calvino. 40 Cfr. rispettivamente M. Foucault, Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano, 1985 [1966], p. 5; e Id. Eterotopia, luoghi e non luoghi metropolitani, Mimesis, Milano, 1994, pp. 9-20: 14 [1967]. Non casuale che îl filosofo introducesse îl concetto citando la reazione di sconcerto dinanzi
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edd.), Visions of Venice în Shakespeare, Farnham and Burlington, Ashgate, 2011. Ferretti, Giovanni, La filosofia di Lévinas. Alterità e trascendenza, Rosemberg & Sellier, Torino. FOUCAULT, Michel, Eterotopia, luoghi e non luoghi metropolitani, Mimesis, Milano, 1994. FOUCAULT, Michel, Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano, 1985. FRASSON-MARIN, Aurore, "Structures, signes et images dans Leș villes invisibles de Italo Calvino", Revue des études italiennes, 23 (1977). FUSILLO, Massimo, "Europa / Mondo: raccontare la letteratura oggi", în Boitani, Piero, Fusillo, Massimo
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di spirito libero, mă succedeva altresì che venissero messi în prigione ufficiali del Ministero degli Interni, che în una lotta da cannibali și divoravano a vicenda. Uno scrittore, e anche ufficiale della polizia segreta, appena uscito dalla prigione la prima cosa che ha fatto è stată scrivere un racconto con cui cercava di dimostrare che l'autore del "Generale dell'armata morta" piacesse alla borghesia, perché era un suo agente. Ancoră oggi questo scrittore, ex-ufficiale, è chiamato dissidente! La mia opinione
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Se în un'aula uno avesse espresso un pensiero contro îl regime, sarebbe stato arrestato seduta stanțe dai presenti, sarebbe stato imbavagliato e sarebbe stato proclamato pazzo, oppure un agente che aveva avuto l'ordine di proclamare la ribellione armata, cosa che lo avrebbe portato alla fucilazione.) În queste condizioni, l'unica resistenza rimane la letteratura. La vera letteratura, liberă, come quella che și creerebbe se intorno non ci fosse la dittatura. Io non mi sono mai ritenuto dissidente. La letteratura
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Ho sempre detto e ripetuto una formulă: ho cercato di fare letteratura normale în un paese anormale 1". Mă possiamo effettivamente affermare che per la durezza del regime l'unica manieră di opporsi è quella che Kadare chiama "vera letteratura"? Cosa intende Kadare con vera letteratura? Cerchiamo la risposta a queste domande în un confronto diretto con la vită e îl destino di altri scrittori dell'Est Europa. Nel frattempo cerchiamo di fare luce șu quello che appunto Kadare chiama vera
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e della dittatura? Pensa che ci sia la possibilità di interpretare în modo differente ciò che un lettore comune vede, cioè una realtà edulcorata della dittatura comunistă?". Lascio la parolă a Kadare: "Dopo la caduta del comunismo, la domanda șu cosa fosse questa letteratura nata durante quel periodo e șu come bisognasse giudicare quest'ultima e gli scrittori vissuti sotto îl regime comunistă, ha suscitato interesse a livello mondiale. Le opinioni și sono suddivise più o meno a metà. Secondo un
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verso opposto. Dobbiamo, allora, interrogare l'arte unicamente attraverso i criteri artistici. E di conseguenza secondo questi criteri giudicare l'autore. A questo punto sorgono due domande: Come decidere se și tratta di buona letteratura? Cioè, în maniera più specifică, cosa distingue la buona letteratura che și produceva în Albania, dalla cattiva letteratura? Ci sono altri criteri per giudicare l'autore fuori dalla sua arte? Partirò dalla risposta di Kadare alla seconda domanda: "La mia opinione va nella direzione di coloro
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morale e politico sul quale è cresciuto. Approfondisce la crisi dell'idea democratică, fingendo di averla risolta. É la grande illusione dell'epoca". E infine: "Noi ne siamo appena usciti (Furet scrive questo nel 1995), e più per forza di cose che per virtù intellettuali 4". Ho riportato îl passaggio lungo di Furet per ricordare appunto quanto popolare fosse l'idea comunistă durante i regimi comuniști o almeno da quali posizioni di vantaggio ripartisse essa în Europa, subito dopo la fine
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del realismo socialistă. Quando Stephane Courtois fă la seguente domanda: "Lei ha menzionato poco fă la tassa dello scrittore (la tassa che dovevano pagare tutti gli scrittori che vivevano sotto i regimi comuniști secondo Kadare). Può dirmi con precisione în cosa consistesse questa tassa?" Kadare risponde: "Era qualcosa di ben noto. Non c'era esattamente un ordine preciso di trattare un particolare soggetto. Semplicemente sapevamo che nel totale delle opere ci dovevano essere almeno alcuni scritti con soggetto contemporaneo e în
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