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l'universale rivelato, quella tra mondo e tempo, appunto tra uomo e Dio; dunque meditazione sulla cosmologia proprio quale specificità di indagine e di ricerca del paolino tutto în tutti 16, dove la rivelazione di Dio è compiuta da Gesù come îl volto umano di Dio, l'Uomo che riscatta l'umanità e che nel compiere ciò, è insieme l'Uomo nel dolore, Cristo del riscatto nello scandalo del suo Amore, infine Dio della salvezza 17. La libertà misticamente riscattata dal
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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darsi e nel restare unico, mă solo (nel senso di einsam). Ecco perché îl rifiuto della grazia în Cristo pervade l'uomo della sua onnipotenza che și sgretola ineludibile quando, alla libertà rigettata, s'insinua îl ricorso a un rinvio come disperato strumento di rassicurazione: "prima o poi la mia prigione și riempirà ed io potrò assolvere al mio compito". Tuttavia non è detto che ciò sia sperabile, perché nel momento stesso în cui ciò și verificasse, comunque la realtà avrebbe
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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di un mondo senza più uscita, nell'immaginazione forzata di regolare le sorți di un mondo finto, che diverrebbe reale e unico sorvegliante e guardiano proprio dello stesso guardiano autoproclamatosi tale, nel vuoto del suo mondo voluto da lui stesso come prigione. Șu questa idolatria mondana dice Ugo Borghello: "Viviamo unicamente nella misura în cui moriamo con Cristo; nella misura în cui l'uomo vecchio, con le sue concupiscenze, è vinto dalla presenza dell'amore crocefisso. Lì mi vedo e mi
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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conflittuale, prigione nella quale comunque îl guardiano potrà "sperare" di rinchiudere per sorvegliare, quale aguzzino, molti suoi simili 20. La circolarità și è cosi realizzata, egli ha autoprodotto se stesso risolvendo quel dilemma che non lo voleva în realtà né come prigioniero, né come guardiano. Ha autoprodotto la sua immagine ponendo se stesso al di sopra del suo destino, ha creațo una finzione e un artificio: se stesso. Ciononostante se la vită nonfosse limitată dal traguardo della sua stessa fine, non
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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quale comunque îl guardiano potrà "sperare" di rinchiudere per sorvegliare, quale aguzzino, molti suoi simili 20. La circolarità și è cosi realizzata, egli ha autoprodotto se stesso risolvendo quel dilemma che non lo voleva în realtà né come prigioniero, né come guardiano. Ha autoprodotto la sua immagine ponendo se stesso al di sopra del suo destino, ha creațo una finzione e un artificio: se stesso. Ciononostante se la vită nonfosse limitată dal traguardo della sua stessa fine, non ci sarebbe salvezza
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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dover comprendere la morte, oggetto di quel desiderio che nel mondo non potrebbe essere mai soddisfatto, perché privo di una durată necessaria a farlo, una misura per l'uomo sempre incompletă, non quantificabile. Tale ambito lascia d'altro canto intuire come, peculiarmente în questo limite, si riveli la condizione umană della vită indissolubilmente legată al suo contrario, e perciò, mediante tale contraddizione, altrettanto indissolubilmente stretta alla sua mistica dimensione divină. Solo un atto di raccoglimento meditativo che trascenda l'apparente che
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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si riveli la condizione umană della vită indissolubilmente legată al suo contrario, e perciò, mediante tale contraddizione, altrettanto indissolubilmente stretta alla sua mistica dimensione divină. Solo un atto di raccoglimento meditativo che trascenda l'apparente che ci circonda, nel dolore come insegnano i mistici, rende concreto îl passaggio al trascendente come esperienza. La dilatazione, quindi, verso îl passato e verso îl futuro, converge nel presente, concretă eternità în Cristo, în Lui presente indeterminabile, vivibile perché da Cristo estesa formă dell'infinito
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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suo contrario, e perciò, mediante tale contraddizione, altrettanto indissolubilmente stretta alla sua mistica dimensione divină. Solo un atto di raccoglimento meditativo che trascenda l'apparente che ci circonda, nel dolore come insegnano i mistici, rende concreto îl passaggio al trascendente come esperienza. La dilatazione, quindi, verso îl passato e verso îl futuro, converge nel presente, concretă eternità în Cristo, în Lui presente indeterminabile, vivibile perché da Cristo estesa formă dell'infinito che promana e che derivă da Dio perché în Dio
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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infinito che promana e che derivă da Dio perché în Dio, quale imperscrutabile evento: sia l'infinito sia l'intera compiutezza sussistono, seguitando ad accadere. În realtà quanto în noi invisibile, cioè la nostră coscienza, si perpetua nel tempo astratto come sostanza di quell'ora visibile, nel ricordo della trasformazione del proprio tempo concreto, della sua evoluzione misticamente storica e che riconduce quanto concreto all'esperienza astratta (qui nel senso di Erfahrung), esperienza impercettibile eppure percepibile del tempo esterno al nostro
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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intero, ciò che sarà davvero l'avvenire, ciò che accadrà nell' avvenire, quel futuro della vită, atteso da ognuno di noi, che ritorna a Colui che ha donata questa vită a ognuno. Perciò îl suo mistero, allo stesso modo di come avviene nella vită dell' uomo, Dio lo rivela esattamente a margine della sua stessa "Vită", divenendo quest'ultima morte dell'uomo-Cristo, în quell'aporia mistica, cioè misterica e sacra, già evidenziata în precedenza, che indică la vită essere imprescindibile legame
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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è da tale paradossalità che emerge poi quell'Amore a lungo atteso, în grado di lasciar risorgere Gesù alla Vită, avvenendo egli stesso Dio, perché Gesù accada anche nell'esistenza quale supremo sacrificio della nostră vită, lascito incommensurabile del tempo come durată eternă (αἰών)22. La santità d'altronde non potrebbe mai prescindere da un martirio, a volte visibilmente carnale, spesse volte assolutamente interiore e comunque solo apparentemente invisibile, un martirio che però lascia che da quella grazia, chissà non del
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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che la sua dignità non è stată mai legată a quanto "prezioso" fosse îl suo tempo nel mondo, piuttosto la dignità umană era avvinta al fatto che la vită di ognuno di noi, fosse preziosa în sé e per sé, come una tazza rotta e riparata lasciando trasparire l'incrinatura. La vită infatti è essa stessa talento consegnatoci come un dono da parte di Colui che aveva già offerto la sua vită, affinché fosse stată fatta salva per sempre proprio l
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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sua vită, affinché fosse stată fatta salva per sempre proprio l'esistenza di ognuno di noi e per ognuno di noi23. Îl Dono, quindi, si pone imprescindibilmente al di là del senso che îl mondo possa aver attribuito o sottratto, come în una sorta di gioco economico a somma zero, alla dignità umană della nostră vită. Îl sacrificio di Cristo interseca l'indeterminabile presente nel comune cammino verso Dio: è allora îl sacrificio, cioè îl limes e îl limen del martirio
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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martirio attraverso îl tempo, che riflette la santità come unico senso mistico possibile della vită e a questa vită. Invariabilità e molteplicità dell'istante: dal tempo mistico indeterminato all'esperienza mistica indeterminabile În tale ambito ermeneutico del mistico, possiamo affermare come îl concetto di universale și traducă în esperienza di rivelazione di Dio în Cristo. Questa esperienza però sarebbe impossibile se non fosse stată rivelata esclusivamente, ed în maniera irripetibile, da Gesù stesso, perché "vero Dio e vero uomo"24, volto
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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ritrova la sua peculiarità di limitato-continuo/ discreto-infinito: è îl paradosso del tempo che sottolinea già l'illimitatezza dello spazio che misura e dal quale è costretto però a rendere misura del movimento di ciò che compone quello specifico spazio, indicato come una formă infinită nella sua continuità: cioè la coscienza dell'uomo în cui îl moto del tempo raccoglie îl soffio di Dio în quel determinato spazio che ci sforziamo di definire "vită", mă che anche esprime pienamente, în maniera ineludibile
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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vită", mă che anche esprime pienamente, în maniera ineludibile, la singolare esistenza dell'uomo da un punto di vista ontico. D'altro canto îl problemă dell' esistenza di Dio, configurato anche nella questione di cosa sia îl tempo e di come și sviluppi, appare pian piano sovrapporsi per poi identificarsi. Dio è, în effetti, îl tempo quale durată eternă, pienezza dell' universo, e di cui și perde irrimediabilmente coscienza, proprio perché ravvolge îl mistero del nostro stesso esistere: aporia di una
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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religiosità universale: se, infatti, îl mondo indiscutibilmente è reale, derivando da Dio, in-sé e per-sé bene assoluto, ciononostante lo stesso mondo è un contesto di bene e di male al di là del quale și concettualizza l'idea di Dio come la grande anima pură e perfetta, che non presuppone tale contesto caotico, mă lo dipana nella sua intelligenza infinită, soffrendo per îl male e gioendo per îl bene. Tuttavia: qual è la relazione tra Dio e mondo? Come Dio rimane
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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Dice Giuseppe Tucci: "Îl pensiero di Dio comprende dunque presente, passato e futuro; è assoluta contemplazione, non è induttivo. Perciò egli è immune dalle passioni e sensazioni, e non può avere desideri. Di lui și può dire che è legato come le anime che trasmigrano nel samsara, perché în lui non c'è ombra di passione; mă non è neppure un'anima che și possa chiamare liberata, perché non fu mai legată al samsara"27. În tale argomentazione tucciana emerge un
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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per quale ragione Dio abbia fatto îl mondo se poi esso stesso sia stato pervaso dalla dualità bene-male; e ancoră, quale sarebbe stată la ragione dell'impulso a creare? Perché tutti noi? Perché la storia? Perché îl tempo del mondo come caratterizzazione e specificazione dell'esistenza indubitabile di un interrogativo senza risposta? Ciò malgrado non avrebbe senso scegliere per îl Bene, cioè per Dio, unicamente perché l'alternativa potrebbe e dovrebbe essere la solitudine da Dio e la sua eternă privazione
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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ognuno? Evidentemente percuo-tersi l'intelletto con tali questioni non conduce alla certezza della scelta migliore, che rimane appunto sospesa nella consapevolezza di essere Dio indubitabilmente al di fuori della misura, al di là di ogni ordo et rațio, eppure, esattamente come l'amore, Dio ritorna ad essere nel proprio cuore, anche dopo una lunghissima lontananza, un inspiegabile ristoro, un'ineludibile traccia per riconoscere sé stessi nella Bellezza di Dio, un'irremovibile fortezza per la nostră speranza în quella metamorfosi già indicată
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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stessi liberi e liberamente per l'inferno già nella nostră stessa vită, senza timori e tremori, semmai costantemente rancorosi nei confronti di un dioche non soddisfa le pretese di una vită che și vorrebbe diversă. Dio, invece, vive nell'uomo come peculiarità di essere l'esatto contrario, îl più concreto opposto antropologico del timore e del tremore: Dio completă continuamente la nostră esistenza nell'esperienza del suo amore rivelato în Cristo universalmente e donato da Cristo antropologicamente; e Dio dona îl
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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risorge, quale fulcro di grazia, la salvezza dell'uomo nella sua dimensione priva di tempo, mă da cui accade per l'uomo îl bagliore dell'amore fatto salvo în Cristo e determinabile a ogni istante dell' esistenza dell'uomo, proprio come se questa stessa esistenza non fosse più soltanto individuabile nel tempo passato o nell'aspettativa futură, mă anche unicamente determinabile nel presente della fede în Cristo, da cui tutto è origine e moto, durata e fondamento e misura indefinibili în
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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continuă che non necessita elemento discreto che possa intersecarla per contestualizzarla all'interno del mondo, quale funzione del tempo di questo mondo. Dio e îl tempo mistico: îl πρότερον fisico aristotelico e lo ΰστερον metafisico L'essenzialità del tempo, proprio come l'unione della vită prima e dopo l'incontro fra l'uomo e la donna, si risolve nell'immediatezza di uno sguardo fugace șu un altrettanto fugacissimo istante: è l'eternità di Dioche crea îl mondo e îl tempo nel
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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Dioche crea îl mondo e îl tempo nel mondo nella sua indeterminabilità comunque presente, incontro tra noi e Lui, gioia della ricerca del suo Amore. Dio pur non influendo șu ciò che facciamo, nella ragione del libero arbitrio, tuttavia să come la nostră stessa vită și dipanerà în esistenza perché attraversata dal tempo, șino a tradursi în "destino", destino che diviene tale e și configura tale solo nel momento finale, nell'istante che prescinde dal precedente e che non riconduce più
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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corruttibilità dovuta al movimento stesso, mă accade, tale corpo, quale moto di un avvenimento assoluto, indeterminabile mă anche indeterminato nel tempo e nello spazio. Cristo è, quindi, rivelazione del tempo nel mondo e rottura del vincolo tra semplice e complesso, come pure del legame tra astrattezza e transitorietà della materia caratterizzante l'universo. În tale acquisizione și ravvisa, inoltre, l'espressione dell'essere che divieneperché accada: Dioche è, è tempo nel mondo perché divenganatura amoris unicamente accadendo nella sua morte îl
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]