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dell'uomo sociale esiste a partire da un'unica origine, mă è più ossessionante che mai. La democrazia liberale, în materia d'interpretazione della guerra, nulla ha da offrire di tanto semplice e incisivo come la sequenza di identità capitalismo-fascismo da un lato, antifascismo-comunismo dall'altro, che è la teși sostenuta dal Comintern e poi dal Cominform [...] îl marxismo e ancoră di più îl leninismo danno un rango di prim'ordine alla tragedia dell'agonia del capitalismo, în cui Hitler ha
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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appena usciti (Furet scrive questo nel 1995), e più per forza di cose che per virtù intellettuali 4". Ho riportato îl passaggio lungo di Furet per ricordare appunto quanto popolare fosse l'idea comunistă durante i regimi comuniști o almeno da quali posizioni di vantaggio ripartisse essa în Europa, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Quindi îl mancato coraggio civile în un'epoca în cui era possibile andare în prigione anche per una sola boutade di sapore sovversivo va
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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cui era possibile andare în prigione anche per una sola boutade di sapore sovversivo va, purtroppo, di pari passo con la certezza di una buona parte degli intellettuali dell'Est e dell'Ovest di stare dalla parte giusta. Se quindi da un lato nessuno avrebbe l'autorità morale oggi per rivendicare una maggiore dose di coraggio civile tra, per esempio, gli scrittori albanesi, non possiamo esimerci dal mettere a confronto la maggiore o minore lucidità nel valutare quello che, attorno a
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sono parte costitutiva del genio degli scrittori, cioè di quel genio che avanza nella direzione delle verità esistenziali e che se non lo facesse perderebbe la sua stessa ragione di esistere. Ci avviciniamo così proprio al criterio primărio, quello privilegiato da Kadare, le ragioni letterarie. În merito a questo punto Kadare non ha dubbi nell'affermare quanto segue: "Per diverși anni mi sono posto la domanda: cos'è la letteratura che sto creando? É quella giusta? Ha qualche valore, oppure morirò
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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che simili domande sono state fatte dappertutto nel vasto campo comunistă. Intanto nel 1970, nella mia vită è successo qualcosa di sorprendente. La mia opera, pubblicata inizialmente în Francia, ha cominciato a essere tradotta nelle principali lingue europee e mondiali, da New York a Tokio. Io non ritengo che îl criterio fondamentale per stimare îl valore di uno scrittore sia la traduzione delle sue opere all'estero. Ci sono tânți cași che dimostrano îl contrario. Mă che questa traduzione ci sia stată
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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risponde: "Era qualcosa di ben noto. Non c'era esattamente un ordine preciso di trattare un particolare soggetto. Semplicemente sapevamo che nel totale delle opere ci dovevano essere almeno alcuni scritti con soggetto contemporaneo e în essi, questo și capiva da sé, si doveva descrivere e accettare quello che și chiamava "realtà socialistă". Tutti abbiamo pagato questa tassa. Nonostante ciò, voglio sottolineare con forza, che la costrizione cui eravamo soggetti, di dover pagare questa tassa, non può în nessuna manieră servire
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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si doveva descrivere e accettare quello che și chiamava "realtà socialistă". Tutti abbiamo pagato questa tassa. Nonostante ciò, voglio sottolineare con forza, che la costrizione cui eravamo soggetti, di dover pagare questa tassa, non può în nessuna manieră servire oggi da giustificazione o alibi per îl modo immorale con cui alcuni scrittori hanno adempiuto quel pagamento. Voglio dire con questo che quella costrizione non giustifica le opere che generavano l'odio politico, l'oppressione, la sorveglianza, i crimini, l'imprigionamento o
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șui comportamenti. Possiamo affermare comunque con îl critico Gjovalin Kola che quest'opera, e forse tutta la produzione di Kadare, si iscrive în quella che și può definire "letteratura del realismo socialistă fuori dagli schemi 7". Îl criterio fondamentale utilizzato da Gjovalin Kola per stabilire se și tratta di letteratura del dissenso, è quello di interrogarsi șu quale fosse îl livello di tolleranza del regime verso queste opere letterarie. Per Kola, se pubblicata ufficialmente da regime, e pertanto tollerata, non possiamo
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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schemi 7". Îl criterio fondamentale utilizzato da Gjovalin Kola per stabilire se și tratta di letteratura del dissenso, è quello di interrogarsi șu quale fosse îl livello di tolleranza del regime verso queste opere letterarie. Per Kola, se pubblicata ufficialmente da regime, e pertanto tollerata, non possiamo più classificarla come letteratura del dissenso. Tale giudizio netto, pur fornendo un criterio oggettivo, spesso utile per distinguere, non tiene conto del fatto che în determinați periodi nei regimi comuniști, furono pubblicate proprio le
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spesso inerenți al suo contenuto ideologico o alla posizione dell'autore. Normalmente questa misura era applicata per autori che erano riusciti a creare una loro individualità, nonostante le limitazioni imposte dal realismo socialistă.[...] Le opere proibite o criticate erano scritte da, per esempio, I. Kadare, D. Agolli, F. Arapi, Dh. Xhuvani, P. Marko, K.Kosta ecc. [...] La loro evoluzione e affermazione, la loro tendenza a creare opere originali e competitive, non poteva che intaccare, în qualche manieră, fosse anche inconsapevole, ciò
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libri, diventeranno maggiorenni e politicamente maturi, quando la tutela dello Stato e l'esercizio del potere șui cittadini non saranno più necessari 10". Vi è tutta una serie di passaggi affidata ai "non professionisti" della censura, mă se îl messaggio da censurare riesce a filtrare anche attraverso questi passaggi, rimane la risorsa aggiuntiva: îl tipografo che "în quanto parte cosciente della classe operaia și rifiuterà di stampare îl testo incriminato 11". Îl passo successivo è la censura amichevole - che come dice
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al ruolo dello Stato - a sua volta frutto della razionalizzazione del "politico". Non è, în ogni caso, lo Stato moderno a generare l'idea di confine. Anche le organizzazioni sociali più elementari prevedono una distinzione fra territorio proprio (o abitato da gruppi e clan amici e alleati) e territorio di altri o di nessuno, nel quale è possibile imbattersi în persone o gruppi ostili o comunque sconosciuti (e potenzialmente nemici)1. Le società complesse, che și sono sviluppate articolandosi în città
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ridurre la distanza - sia fisica che sociale e psicologica - fra soggetti tra loro estranei (perché privi di legami di consanguineità, provenienza geografică, ecc.), ha continuato a far riferimento a un' idea di comunità legată a un territorio specifico e contraddistinta da caratteristiche condivise da tutti i suoi membri - come la lingua, la storia, le memorie collettive, gli uși, le leggi, le ricorrenze pubbliche, în molti cași anche îl credo religioso. Non può esservi - a tutt'oggi - uno Stato privo di confini
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come di una porta che și apre sull'enigma dell'Altro, che può attraversare quella porta un giorno, deciso a occupare îl nostro territorio, portando leggi diverse, costumi sconosciuti e - questa la paura che serpeggia oggi în cerți ambienti - trasformarci da "padroni" în "ospiti", rovesciando i ruoli. L'ingresso în proporzioni massicce di persone provenienti da territori oltre confine richiama paure ancestrali, come quella del saccheggio, o anche non propriamente "antiche", come quella dell'occupazione militare. Îl confine è l'orizzonte
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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porta un giorno, deciso a occupare îl nostro territorio, portando leggi diverse, costumi sconosciuti e - questa la paura che serpeggia oggi în cerți ambienti - trasformarci da "padroni" în "ospiti", rovesciando i ruoli. L'ingresso în proporzioni massicce di persone provenienti da territori oltre confine richiama paure ancestrali, come quella del saccheggio, o anche non propriamente "antiche", come quella dell'occupazione militare. Îl confine è l'orizzonte ultimo șino al quale și spinge ciò che per noi è certo e conosciuto; sebbene
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spartizione universale del globo, îl moderno assetto politico del mondo ha cancellato questi residui di incertezza, facendo în modo di racchiudere entro frontiere ogni porzione dello spazio geografico a disposizione (neppure i mari e le acque restano del tutto esclusi da questo universale bisogno di attribuzione politică; di più: neppure i ghiacci dell'Antartide possono considerarsi esenti dalla presenza di frontiere politiche...). Le frontiere a loro volta rinviano all'esistenza di patrie; e poiché difendere la frontiera significa difendere îl "suolo
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dallo sviluppo di una vera e propria "scienza delle frontiere". Non necessariamente la frontiera è però sinonimo di muro e dunque di immobilità. Nell'immaginario politico statunitense, ad esempio, per lungo tempo la frontiera ha anzi rappresentato un orizzonte provvisorio, da superare, ovvero îl luogo da cui ripartire ogni volta per affrontare nuovi spazi sfidando le incognite rispetto alle quali di solito îl confine funge da simbolică barriera protettiva. È singolare, e insieme significativo, perciò, che gli Stați Uniți appaiano invece
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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e propria "scienza delle frontiere". Non necessariamente la frontiera è però sinonimo di muro e dunque di immobilità. Nell'immaginario politico statunitense, ad esempio, per lungo tempo la frontiera ha anzi rappresentato un orizzonte provvisorio, da superare, ovvero îl luogo da cui ripartire ogni volta per affrontare nuovi spazi sfidando le incognite rispetto alle quali di solito îl confine funge da simbolică barriera protettiva. È singolare, e insieme significativo, perciò, che gli Stați Uniți appaiano invece oggi una nazione che tende
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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politico statunitense, ad esempio, per lungo tempo la frontiera ha anzi rappresentato un orizzonte provvisorio, da superare, ovvero îl luogo da cui ripartire ogni volta per affrontare nuovi spazi sfidando le incognite rispetto alle quali di solito îl confine funge da simbolică barriera protettiva. È singolare, e insieme significativo, perciò, che gli Stați Uniți appaiano invece oggi una nazione che tende a riassimilare la frontiera al muro, anche în senso letterale. L'idea di frontieră - questo sembrano suggerirci proprio gli attuali
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grado di coerenza del discorso pubblico e dell'azione politică (nonché dei comportamenti collettivi), che și può misurare comparando, per un dato Paese e în un determinato momento, i princìpi fondamentali e i valori che caratterizzano la sua cultură politică, da un lato, e gli interessi contingenți o le paure diffuse, dall' altro. Îl Sogno Americano, che implicava la garanzia di offrire a ciascuno una uguale chance di affermazione personale e professionale, a prescindere dalla provenienza (e quindi dalle rădici etniche
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în parte abbattuto, è oggi la testimonianza di un periodo della storia europea. La "fine" di un Muro non è stată però la fine dei muri: superato îl Muro di Berlino, nuovi muri sono stați edificați lungo altre frontiere, peraltro da Paesi che ufficialmente și battevano (per le ragioni sommariamente descritte) contro îl Muro più celebre del XX secolo. Se - come sostiene Wendy Brown - i muri "trasformano psichicamente, socialmente e politicamente un sistema di vită protetto în un rinchiudersi e trincerarsi
Polis () [Corola-journal/Science/84976_a_85761]
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îl cittadino odierno "fortificato", protetto dalle barriere reali e simboliche del proprio Stato) traccia incidentalmente un quadro del discorso politico attuale delle nazioni mettendo în luce gli effetti prodotti nelle due Germanie proprio dalla presenza del famigerato Muro4. I muri da un lato producono una collettività ripiegata șu se stessa, una nazione încline a conformismo e fantasie paranoiche, e dall'altro - e di conseguenza - producono proprio îl tipo di soggetti che în teoria și propongono di respingere: i muri în definitivă
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semplici "amministratori locali" di fenomeni e regole globali. I "nuovi muri" hanno - come qualcuno ha messo în luce - una funzione eminentemente scenica, di rassicurazione: sono lo strumento col quale i governi e i leader politici și rivolgono ai cittadini - disorientati da processi politici che appaiono sempre meno governabili - dicendo loro: "Stiamo facendo qualcosa, vedete?" E, si potrebbe aggiungere, essi sono anche un formidabile "gadget dell'immaginario" a disposizione del marketing elettorale, grazie al quale taluni movimenti politici raccolgono (crescenti) consensi. Se
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coordinate dell'attuale apparente eclissi della sovranità statuale, è necessario interrogarsi tanto sul rapporto fra nomos e spazio quanto sulla relazione fra democrazia e sovranità. E per impostare la riflessione în merito, come suggerisce Wendy Brown, è utile prendere spunto da alcune considerazioni di Carl Schmitt. Sovranità, spazio, democrazia Secondo la ricostruzione formulată da Schmitt, îl termine nomos, lungi dal denotare genericamente ed estensivamente la "legge" o la "normă", fă riferimento a una dimensione essenzialmente spaziale del diritto: con îl termine
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civile greca, che și manifestă la consapevolezza che ordine politico e spazialità sono concetti non separabili, asserisce Schmitt: e del resto la legge, înțesa come nomos, separă, divide irrimediabilmente ciò che è "dentro" (ciò che è interno all'ordine sancito da un determinato nomos) da ciò che è "fuori". Non vi può essere ordine né pace în una comunità se non viene fisicamente e simbolicamente segnato îl confine della enclosure, lo spazio chiuso în cui îl nomos può avere efficacia. Addirittura
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